lunedì 9 novembre 2015

Burundi, il genocidio non procede come previsto

La situazione

Internet ancora funzionante e media attenti. Ma si teme che il regime vada avanti con il suo folle piano

burundi genocidio 2


Kampala – Tutto era stato calcolato. I governo illegittimo aveva sguinzagliato i falchi del CNDD-FDD in tutto il Paese per parlare con i capi quartiere, i capi zona, i capi dei distretti e dei villaggi. L’amministrazione, i prefetti erano stati istruiti. Per assicurarsi la lealtà dei capi tradizionali e degli amministratori era stato loro promesso di poter acquistare a prezzi ridicoli le terre dei oppositori inseriti nelle liste della morte una volta che i proprietari fossero scomparsi. Le masse contadine hutu aizzate contro Al-Shabaab (la minoranza tutsi burundese). Armi, birra e droghe distribuite. I quartieri ribelli circondati e l’ordine di chiudere le frontiere dato. Reparti d’élite dell’esercito terrorista ruandese FDLR (addestrati tra il 2013 e il 2014 da istruttori militari francesi presenti a Goma, capitale del Nord Kivu, Congo) pronti ad intervenire per bloccare una eventuale offensiva delle forze ribelli.
Nei febbrili giorni che hanno preceduto lo scadere del ultimatum dato all’opposizione dal pastore Nkurunziza di deporre le armi ed arrendersi, il presidente illegittimo aveva firmato 86 decreti di nomina sostituendo comandanti di compagnia, colonnelli e generali di esercito e polizia, amministratore e prefetti su cui gravavano dubbi di lealtà. Semplici militanti del CNDD sono stati nominati Ministri per sostituire quelli scappati, molti, troppi e tutti con ingenti somme di denaro pubblico. Nella Banca Centrale non c’è più traccia di una banconota. Secondo informazioni ricevute 14 alti graduati del esercito nazionale sono stati abbattuti in quanto considerati pericolosi. Tra essi vari hutu.  Notizia che non trova e forse non troverà mai una conferma ufficiale.
Il piano era semplice. Con la consapevolezza che l’ultimatum (ore 00:00 del 07 novembre 2015) non poteva essere rispettato dall’opposizione (la sola garanzia di sopravvivere per i civili burundesi è detenere un’arma) il governo avrebbe attivato il genocidio (nome in codice Kora Kora o Gokora – andiamo a lavorare) facendo credere alla comunità internazionale che si trattasse di una normale operazione di polizia per requisire le armi illegalmente detenute. Una operazione dove la polizia avrebbe riscontrato qualche resistenza e sarebbe stata costretta ad usare le manieri forti. Le migliaia di morti sarebbero state ridotte a qualche decina. Internet doveva essere interrotto e l’informazione garantita solo dalla Radio Televisione pubblica RTNB. Epurati i dipendenti democratici (ultimo il cameraman Chrisophe Nkezabahizi, trucidato assieme alla sua famiglia martedì 13 ottobre durante il massacro di Ngagara, Bujumbura), la RTNB  è stata trasformata nel organo di propaganda del genocidio: la versione burundese di Radio Mille Colline, meglio conosciuta come Radio Machete (Rwanda 1994).
L‘ultimatum non è stato rispettato dal governo. All’interno del Paese bande genocidarie hanno iniziato ad assalire e massacrare i cittadini di origine tutsi un giorno prima della scadenza. I quartieri ribelli della capitale, Cibitoke, Nyagabiga, Mutakura, e altri ancora attaccati verso le 22:00 del 6 novembre. Contemporaneamente cinque battaglioni delle truppe d’élite delle FDLR hanno ingaggiato una violentissima battaglia nelle colline di Bujumbura Rural che sovrastano la capitale per impedire alle forze di liberazione di discende su Bujumbura per liberare la popolazione in ostaggio. L’attacco ai quartieri è stato preceduto da una fuga di civili che hanno abbandonato vari quartieri della capitale.
Il regime razial nazista, incredulo, ha dovuto fronteggiare tre situazioni impreviste e stravolgenti. L’opinione pubblica internazionale ha iniziato a parlare di tentativo di genocidio. I primi sono stati quelli italiani (L’Indro e African Voices) seguiti dai media europei quali Liberation, Jeune Afrique e altri quotidiani francesi e belgi. Oltre alle testimonianze dei blogger burundesi rimasti coraggiosamente nel Paese per informare dei crimini commessi dal regime e del servizio di informazione di alcuni giornalisti indipendenti africani ed occidentali, l’attenzione dei media internazionali è stata attirata dalle imprudenti quanto deliranti dichiarazioni di genocidio come quella fatta dal Presidente del Senato Reverien Ndikuriyo e tradotta in esclusiva dal sito di informazione African Voices per il pubblico italiano. Nel promuovere l’informazione sul genocidio si è distinto in Italia il sito di informazione African Express curato dal giornalista Massimo Alberizzi tramite uno tra i più lucidi e sensati articoli sulla crisi burundese fino ad ora pubblicato e scritto dal collega  Andrea Spinelli Barrile  “Burundi sull’orlo del baratro. Si rischia un nuovo genocidio africano”. Sulla stampa africana si evidenziano le ottime analisi del giornalista Abdoulaye Bah, ex funzionario delle Nazioni Unite pubblicate sul sito di informazione Konakry Express.
La popolazione dei quartieri ribelli ha inflitto pesanti perdite alle forze della polizia e alle milizie Imbonerakure. Si parla di 200 caduti tra le forze genocidarie. Non si conoscono le vittime tra la popolazione ma il dato di fatto è innegabile. Dopo due ore di intensi combattimenti i genocidari si sono ritirati dai quartieri cercando di salvare i camerati feriti. Anche nelle campagne le masse hutu non hanno risposto come si credeva. Seppur registrati massacri di tutsi questi sembrano essere isolati. Solo qualche centinaia di contadini hutu si è unita al genocidio. La maggioranza ha preferito non prendere posizione. Questo ha costretto le milizie Imbonerakure e i terroristi ruandesi di intervenire direttamente invece di coordinare il genocidio commesso dalle masse hutu come avvenne nel Rwanda del 1994. Vedasi il massacro di Kanyosha dove 10 persone sono state brutalmente uccise e altre 20 gravemente ferite dai terroristi FDLR. Il commando autore del massacro è ora braccato dalle forze di liberazione che hanno intenzione di vendicare le vite innocenti barbaramente stroncate.
Incerta la battaglia tra le forze di liberazione e i terroristi FDLR sulle colline di Bujumbura Rural. Entrami rivendicano la vittoria. Considerando che la città non è stata attaccata dai ribelli è probabile che siano state le FDLR a riportare la vittoria. Gli ufficiali di dogana non hanno rispettato l’ordine di chiudere le frontiere. Quella del Congo tra Gatumba e Uvira è rimasta aperta, per esempio. Gli operatori delle telecomunicazioni hanno parzialmente bloccato internet ma la rete, seppur debole e con frequenti interruzioni ha continuato in un qualche modo a funzionare, permettendo alla popolazione di riceve ed inviare informazioni. Il boicottaggio del genocidio è evidente. La maggioranza silenziosa non ha prestato il fianco ai deliri di morte.
Il regime e i gerarchi delle FDLR sono allibiti dal primo insuccesso dei piani genocidari. Domenica 8 novembre è stata da loro impiegata per diramare comunicati rivolti all’esterno in cui si negavano i propositi di genocidio e rassicurazioni alle forze genocidarie disponibili che si era perso una battaglia ma non una guerra. Il secondo tentativo di genocidio è fissato per stasera, lunedì 9 novembre. Dopo aver dichiarato pubblicamente il genocidio, il regime deve ora attuarlo per poter conservare il potere.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite è oggi in riunione straordinaria per decidere le iniziative più appropriate per intervenire sulla crisi burundese. Il Belgio e gli Stati Uniti sono per la linea dura. Il deputato europeo Louis Michel ex Ministro degli Affari Esteri del Belgio in un comunicato domanda alla Unione Europea e alla Comunità Internazionale di agire senza più ritardi ed esitazioni per evitare un nuovo genocidio nella regione dei Grandi Laghi. «Non possiamo sopportare il peso di una nostra passività come successe in Rwanda 21 anni fa. Non sarebbe tollerabile riprodurre due volte lo stesso errore» dichiara Louis Michel. Domenica si registra a Bujumbura la presenza di un inviato della Casa Bianca per discutere a porte chiuse con il regime. Secondo indiscrezioni giunte dagli ambienti politici ugandesi l’inviato americano avrebbe il compito di convincere l’ex presidente burundese ad abbandonare il potere illegalmente detenuto. Una azione che permetterebbe la pace e la creazione di un governo di unità nazionale come primo vero passo nella costruzione della democrazia  inter etnica mai registrato nella storia del travagliato paese africano.
Il presidente ruandese Paul Kagame per la prima volta è intervenuto ufficialmente sulla crisi burundese definendo oltraggioso e disumano che un presidente che si definisce anche un pastore di Dio possa ordinare il massacro generalizzato del suo popolo. «La gente muore ogni giorno. I cadaveri giacciono nelle strade. Come dei dirigenti di un paese possono autorizzare dalla mattina alla sera il massacro della loro popolazione? Che presidente è Pierre Nkurunziza costretto a nascondersi nel suo Paese? I dirigenti del Burundi si spacciano per uomini di Dio. Il presidente è un pastore evangelista convinto di essere al potere per volontà divina. Ma in quale Dio crede? Dove c’è scritto nella Bibbia che i dirigenti possono massacrare il loro popolo?» dichiara il presidente Kagame.

http://www.lindro.it/burundi-il-genocidio-non-procede-come-previsto/ 

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