CARISSIMI AFRICANI, COME VA? ADESSO NOI EUROPEI VI RACCONTIAMO LA VERITA’
DI ALESSANDRO GILIOLI
Carissimi africani, come va? Qui è l’Europa che vi parla! Da Bruxelles, avete presente?
Pensate che proprio da qui giusto un secolo e mezzo fa ci si divertiva a farvi lavorare
gratis nelle piantagioni e nelle miniere per la maggior ricchezza di re
Leopolodo, però dai, ragazzi, noi ci si conosceva già da parecchio
prima: quando tutti insieme – inglesi, olandesi, portoghesi, spagnoli
etc – abbiamo messo in catene 12 milioni di voi per venderli in America,
e anche lì è stato un bel business. D’accordo, un paio di milioni ci
sono rimasti durante la navigazione, ma pazienza: su quel lucrosissimo
commercio triangolare abbiamo costruito la nostra rivoluzione
industriale, quella che voi non avete avuto.
Poi però portarvi di là in catene non ci
bastava più e allora abbiamo pensato di prendere direttamente le vostre
terre, perché abbiamo scoperto che erano piene di roba che ci poteva
essere utile. I francesi hanno iniziato dal nord e gli inglesi da sud,
un po’ di stragi a schioppettate ed è diventato tutto roba nostra. Anche
i belgi, si diceva, si sono dati da fare, pensate che a un certo punto
il loro impero era composto al 98 per cento di terre africane. Poi si
sono mossi i tedeschi, infine gli italiani, insomma dopo un po’ non
c’era più un fazzoletto di continente che fosse vostro, che ridere.
A proposito degli italiani, come sempre
sono arrivati ultimi, però si sono rifatti con il record di prima
nazione al mondo che ha usato i gas sui civili, a un certo punto donne e
bambini si ritrovavano dentro una nuvola di iprite e morivano a
migliaia tra orrendi spasmi. «Mica vorranno che gli buttiamo giù
confetti», disse il generale De Bono, che simpatico burlone. Il bello è
che chi si trovava nei dintorni moriva anche una settimana dopo, il
corpo pieno di devastanti piaghe, per aver bevuto l’acqua dei laghi
piena di veleno, che fresconi che siete stati a non accorgervene.
Finito il colonialismo – ormai vi
avevamo rubato quasi tutto, dai diamanti alle antiche pergamene amhare –
non è che ci andasse proprio di levare le tende e allora abbiamo
continuato a controllare la vostra politica e la vostra economia,
riempiendo d’armi i dittatori che ci facevano contratti favorevoli,
quindi comprando a un cazzo e un barattolo quello che ci serviva in
Europa, devastando i vostri territori e imponendo le nostre
multinazionali per quello che abbiamo deciso dovesse essere il vostro sviluppo. Voi creduloni ci siete cascati ancora e ci siamo divertiti così per un altro secolo.
Se poi un dittatore si montava un po’ la
testa e pensava di fare da solo, niente di grave: lo cambiavamo con un
altro, dopo aver bombardato un po’ di città e aver rifornito di cannoni
le milizie che ci stavano simpatiche per massacrare quelle che ci
stavano antipatiche. Del resto da qualche parte le mitragliatrici o i
carrarmati che produciamo li dobbiamo pure piazzare, qui in Europa siamo
in pace da settant’anni e mica possiamo rinunciare a un settore così
florido.
Negli ultimi venti-trent’anni poi
abbiamo creato un modello nuovo che si chiama iperconsumismo e
globalizzazione, allora abbiamo scoperto che l’Africa era perfetta per
comprarsi tutto quello che noi non volevamo più perché noi dovevamo
possedere roba nuova e con più funzioni, così abbiamo trasformato il
porto di Lomé in un immenso centro di svendita dei nostri vecchi
telefonini e delle nostre vecchie tivù, tanto voi sciocchini vi comprate
tutto pur di cercare di essere come noi.
Già che c’eravamo, abbiamo usato i
vostri Paesi come discarica dei nostri prodotti elettronici ormai
inutilizzabili, quelli che nemmeno voi potevate usare. Pensate che
curiosa, la vita di un nostro accrocco digitale: inizia grazie al coltan
per cui vi ammazzate nelle vostre miniere e finisce bruciando tra gas
cancerogeni nelle vostre discariche; in mezzo ci siamo noi che intanto
ci siamo divertiti o magari abbiamo scritto post come questo.
Insomma, ragazzi, siete nella merda fino
al collo e ci siete da tre-quattrocento anni, ma a noi di avere avuto
qualche ruolo in questa merda non importa proprio niente, non abbiamo
voglia di pensarci e abbiamo altro da fare.
Negli ultimi tempi poi, con questa
storia dei televisori, dei computer e delle parabole satellitari,
purtroppo siete cascati in un altro increscioso equivoco, e cioè vi
siete messi in testa che qui in Europa si sta meglio: ma come fa a
venirvi in mente che vivere in una casa con l’acqua corrente e
l’elettricità sia meglio di stare in mezzo al fango e tra quattro pareti
di lamiera ondulata? Bah, che strani che siete. Anche questa cosa che
avere un ospedale è meglio che morire di parto, o che uscire di casa a
prendere un autobus sia meglio che uscire di casa e prendere una mina, o
che mangiare tre volte al giorno sia meglio che morire di dissenteria
per malnutrizione, che noia, mamma mia.
Così alcuni di voi, di solito i più
sfigati, hanno iniziato a lasciare la baracca e le bombe per
attraversare prima il deserto poi il mare e venire qui a rompere i
coglioni a noi.
D’accordo, quelli che lo fanno alla fine
sono poche decine di migliaia rispetto a oltre un miliardo di voi,
perché non a tutti piace l’idea di morire nella sabbia o in acqua, e gli
emigranti sono pochini anche rispetto a noi, che siamo mezzo miliardo,
ma insomma, ve lo dobbiamo dire: ci stanno sui coglioni lo stesso e
quindi non li vogliamo, perciò abbiamo deciso che devono tornare nel
buco di culo di posto da cui vengono, anche se lì c’è la guerra, la
fame, la malaria e tutto il resto di quelle cose lì. Tanto più che
quelli che vengono qui mica stanno sempre bene, alcuni hanno pure la
scabbia, e a noi non è che ci interessa perché hanno la scabbia, ci interessa che non vengano qui, è chiaro?
Concludendo, con tutta l’amicizia e
senza nessun razzismo – ci mancherebbe, noi non siamo razzisti –
dovreste gentilmente stare fuori dalle palle e vivere tutta la vita
nell’inferno che vi abbiamo creato. E se fate i bravi, un lavoro in un
cantiere di Addis o in una miniera di Mbomou per due dollari al giorno
potete anche trovarlo, con un po’ di culo, purché naturalmente a quella
cifra lavoriate dieci ore dal lunedì al sabato a chiamata giornaliera, e
non diciate troppo in giro quanta gente ci schiatta ogni giorno.
Se poi trasportate sacchi anche la
domenica full time vi diamo qualcosa di più, così magari tra un po’
potete comprarvi un altro nostro televisore di scarto, però – mi
raccomando – da usare lì, nella baracca piena di merda di capra in cui
vivete.
Contenti?
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/06/14/qui-e-leuropa-che-vi-parla/
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