mercoledì 6 maggio 2015

Immigrato a Modena da bambino, ora torna in Tanzania per portare pannelli solari

George Mtemahanji, tanzaniano di origini, ma modenese da sempre, è tornato in Tanzania per portare i pannelli fotovoltaici. La sua azienda nata a Gennaio collabora oggi con le più importanti imprese svizzere e tedesche del settore




George Mtemahanji
George Mtemahanji
George Mtemahanji è un 22enne tanzaniano, giunto in Italia da bambino e da quel momento vive a Modena, frequentando il corso di Scienze Politiche all'Università di Bologna. Una storia come altre, se non fosse che da Gennaio di quest'anno ha fondato in Tanzania un'azienda per la costruzione di impianti fotovoltaici per le città e i villaggi del suo paese, ed dopo pochi mesi è in collegamento con aziende tedesche e svizzere interessate al suo progetto. La fortuna della sua azienda, creata insieme ad un compagno delle superiori italiano, è stata di puntare più al numero dei clienti che all'ampio profitto, vendendo perciò i kit fotovoltaici ad un prezzo accessibile per le popolazioni locali. Lo abbiamo intervistato:

Come hai capito che bisognava puntare sul fotovoltaico in Tanzania? L'idea è venuta a me e al mio compagno di banco, Manuel Rolando, quando frequentavo il Tecnico Ferrari, nell'indirizzo Energetico. La conferma è arrivata una volta tornato in Tanzania nel 2011, dopo dieci anni che non vedevo il mio paese. Il 70% della popolazione vive senza elettricità e questo perchè i primi creditori della Tanzania sono governi che hanno interesse a portare avanti energie non rinnovabili. Capii che con l'energia solare in un paese come la Tanzania i villaggi che avessero comprato i kit sarebbero riusciti a fare un investimento a lungo termine. Io e il mio socio abbiamo portato avanti questa idea fino a Gennaio quando abbiamo aperto in Tanzania la nostra azienda SunSweet Solar. 
Oggi vi chiamano aziende tedesche e svizzere, come siete arrivati a questo risultato? Una onlus svizzera di pannelli di solari ci chiese di fare un lavoro in Tanzania gratuitamente e noi accettammo. Sapevamo che ci avremmo rimesso dei soldi, ma volevamo far vedere che eravamo capaci in questo lavoro. L'impegno ha portato i suoi frutti quando dalla Svizzera sono arrivate nuove richieste e questa volta retribuite, ora siamo in collaborazione con la più importante azienda di fotovoltaico della Germania, e tutto questo in quattro mesi. 
In Svizzera non hai trovato solo l'inizio della tua carriera, ma anche tua moglie, com'è successo? Quando ero andato in Tanzania nel 2011 avevo conosciuto una volontaria svizzera che operava nel paesino in cui ero nato. Io feci un commento in suaili pensando che non capisse, invece lei si è girata e mi ha risposto in suaili. Oggi siamo felicemente sposati in Svizzera a Lucerna. 
E il tuo primo amore, cioè il calcio? Ho giocato per sei anni nel Modena perché il calcio è la mia più grande passione, poi ho continuato in Svizzera. Ora gioco per una squadra di Serie D del paese Elvetico perché il tempo tra studio e lavoro si è ridotto, non per questo ho smesso di tifare il Chelsea.
Pensi che in Italia avresti avuto gli stessi successi guardando alla tua azienda? Dubito fortemente. Prima di tutto non essendo bianco c'è chi ha pregiudizi, anche se, oltre al tedesco, al suaili e all'inglese, conosco l'Italiano, ho studiato dalle elementari in Italia e so tutto su storia e cultura italiana. Poi non avrei comunque avuto questo successo perché qui in Italia si frenano i giovani, da una parte perché non c'è volontà da parte dei grandi e dall'altra perché, mentre in Tanzania paghi il 15% di tasse,  qui sarebbero troppo alte. In Svizzera, invece, c'è molto più merito e si punta sui giovani con idee e volontà.
Pensi che in Italia i pregiudizi siano ancora troppi? Non solo in Italia, ma in tutto il mondo è così, lo vedo anche in Svizzera o in Tanzania. Se l'italiano del nord ha pregiudizi con quello del sud, gli svizzeri del cantone italiano chiamo "terroni" quelli di Vicenza o Milano, c'era persino chi aveva proposto di fare un muro sulle Alpi. La stessa cosa in Tanzania, dove c'è chi dice che i Kenyani rubano il lavoro. Se tu sei bravo a fare una cosa non ha senso guardare se sei italiano, svizzero o tanzaniano. Io mi sento tutti e tre, ma soprattutto modenese.
Che ruolo ricopre Modena nella tua vita? Modena è e sarà sempre la mia casa. Qui ho la mia famiglia e quando riesco vengo sempre a fare un salto. Poi Modena mi piace perché in Italia penso sia il posto dove si è capaci di integrare in maniera migliore, se si guarda in altre parte d'Italia i casi di immigrati non integrati sono più frequenti. L'unica cosa che mi dispiace è che oltre alle quattro lingue, non abbia imparato il dialetto modenese, ma ho ancora tempo.

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