mercoledì 22 aprile 2015

Africa agli africani. Sarebbe giusto.

Arrivo tardi, lo so.
Mi capita ormai spesso, forse è l’età, o forse è l’incapacità di razionalizzare subito, di riuscire a superare lo stordimento di quando subisci un trauma
come dopo una caduta dalla bici, dopo un capitombolo durante il quale tutto il mondo circostante ha preso a vorticare intorno e che, quando ti fermi e rimani seduto a considerare che nonostante graffi, dolori e vergogna, ci sei ancora
Arrivo tardi ed è già stato detto tanto, pure troppo, al punto da non sapere se dire ancora: a che scopo, poi.
Ma non ce la faccio a tenermelo dentro e non riesco a sopprimerlo e zittirlo.
Ho visto una foto ieri, di una bambina con vestitini carini, i pantaloni verdi ed una casacchina con fantasia a fiori sul rosso: quasi andasse ad una festa, o in un posto dove è garbato e cortese presentarsi bene.
Galleggiava distesa, sembrava addormentata. Poteva avere cinque anni.
No, proprio non ce la faccio a toglierlo dalla mente, dagli occhi, dallo stomaco.
Il mare la cullava, patrigno, assassino incolpevole. In realtà la teneva, quasi in ostensione, per mostrarci di cosa siamo stati capaci. tutti.
Il mare è freddo e quando è buio è nero di paura, perché ti avvolge ed entra dappertutto.
Serve adesso specificare che la bambina era africana, con la pelle scura?
O la paura è diversa per una bambina con carnagione rosata e delicata, quando sente solo grida di disperazione e non trova le braccia di sua madre a sollevarla e salvarla?
Serve la considerazione che i miei figli siano nati in Africa, per stabilire che il mio sgomento di fronte a questa indifferenza del mondo è spropositato ed il mio coinvolgimento è condizionato?
Volutamente evito di leggere articoli giornalistici.
Spesso l’iperrealismo del dolore ha funzione anestetica per sovraesposizione.
Evito di considerare i commenti di chi ha salutato con irrisione violenta e volgare la tragedia “del mare”, non perché non li trovi odiosi, ma perché non è colpa dei necrofagi se qualcuno muore.
Non riesco però a sopportare l’ipocrisia di chi si avviluppa in analisi devianti: la crisi libica; di chi cerca soluzioni palliative, di chi non riesce a vedere il problema vero, di chi immagina interventi effimeri e di facciata: il blocco navale, l’affondamento dei barconi……….
Triton, Mare Nostrum, stai a vedere che il problema dell’Italia è la sua dipendenza dalle “griffe” e dagli stilisti delle definizioni.
L’unica vera soluzione, che tutti conoscono, ma che nessuno cita è la restituzione dell’Africa agli africani.
Il solo deterrente efficace per non spingere milioni di bambini, donne e uomini ad abbandonare le loro case, le loro terre e le loro radici è di riconsegnare loro l’acqua, le piantagioni tradizionali, il petrolio, il gas, i diamanti, i minerali preziosi ed i metalli per le alte tecnologie.
Per poter vivere del loro lavoro, delle loro risorse, senza dover scappare.
Le guerre? Sono lo strumento che è stato introdotto artatamente per destabilizzare qualsiasi tentativo di normalizzazione. Qui, per dovere di risarcimento, dovremmo intervenire a disarmare i violenti e sanguinari mercenari, per ricreare condizioni di stabilità e sicurezza.
Di questo dovrebbero farsi carico tutti, non solo gli europei.
Quanto costerebbe tutto ciò alle multinazionali, ai fabbricanti di armi, all’economia mondiale?
Non lo so.
Ma sarebbe giusto.

di Francesco Montemurro

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