martedì 26 aprile 2011

Gli animali di Fukushima


10/04/2011: Gli animali di Fukushima sono rimasti all'interno della zona contaminata di 30 km. I loro padroni sono fuggiti. Tutti gli animali sono radioattivi, nessuno può più uscire dall'area.
Tremila mucche, trentamila maiali, 600mila pol...li e un numero imprecisato di animali domestici.
I cani sopravvissuti si avvicinano alle rare macchine autorizzate in cerca di cibo. Intorno a loro c'è un silenzio irreale e abitazioni abbandonate. Quasi tutto il pollame è morto.
Le mucche e i vitelli, dove non vi sono fattorie con alimentatori automatici, sono morti di fame e di sete. Secondo le autorità giapponesi il 70% dei maiali e il 60% del bestiame è morto.
I proprietari degli allevamenti hanno chiesto di portar fuori dal terreno radioattivo gli animali, o di entrare per praticare una forma di eutanasia. Le richieste sono state negate per la paura di contaminazione. Alcuni hanno ignorato il divieto e sono entrati nella zona proibita per portare in salvo i loro cani, condannando però anche sé stessi.
L'acqua del mare a 30 chilometri dalla centrale nucleare ha una concentrazione di Iodio-131 di 88,5 becquerels per litro, il valore più alto registrato finora. La radioattività è 2,2 volte il limite massimo ammesso per le acque di scarico delle centrali nucleari. La fauna ittica presente nelle acque del Pacifico per decine di chilometri di fronte a Fukushima è contaminata. La radioattività si diffonderà in modo esponenziale quando le piccole prede saranno mangiate da altri pesci. Dovremo andare al supermercato con il contatore geiger. Ci abituereremo anche a questo.
Fukushima è una versione aggiornata della "Fattoria degli animali" di George Orwell dove però comandano, al posto dei maiali, i topi di fogna. Quelli che vivono lucrando sulla pelle degli altri, uomini o bestie non ha importanza. Che nascondono i rischi, che usano i media per accreditare le loro tesi, che espongono le generazioni future a un mondo desolato. I topi di fogna, quando l'aria si fa pesante, hanno l'abilità di nascondersi nel loro habitat naturale, le fogne per l'appunto. Spariscono dalla circolazione. Dove sono l'inconsapevole Scaiola, la Marcegaglia, il Fini delle centrali italiane di "ultimissima generazione", la Prestigiacomo, unico ministro dell'Ambiente nel mondo ad aver dichiarato dopo Fukushima che il nucleare andava avanti? Dove sono i ratti dell'atomo come Veronesi e Chicco Testa? Dove si è nascosto il pregiudicato Scaroni dell'ENI? Nuclearisti delle mie balle, dove siete? Se vi illudete che annullare il referendum, far passare un anno e poi fottere di nuovo gli italiani con il ritornello del nucleare vi sbagliate. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.(Pubblicato su fb da Nicola Cellamare)

domenica 24 aprile 2011

I volti nuovi per il Consiglio comunale di Milano

Intervistiamo Cheikh Tidiane Gaye, in corsa al Consiglio comunale per la lista civica di Giuliano Pisapia
Colloquio con Cheikh Tidiane Gaye di Cristina Sebastiani

INTERVISTE. Con questa piccola intervista vi presento Cheikh Tidiane Gaye, candidato al Consiglio Comunale di Milano alle elezioni amministrative del 15 maggio 2011, con la lista Milano Civica che appoggia Giuliano Pisapia.
Scriveva Cheikh nel dicembre 2009, quando fu chiamato a moderare un convegno alla Casa della Cultura in cui si discuteva di letteratura africana “I tempi sono più che maturi per creare il vero melting pot, non sul modello inglese o francese, dove è stato costruito in tanti anni d’assimilazione ma l’integrazione ha fallito; e nemmeno su quello americano, poiché la nostra terra non fu la macchina di commercio della schiavitù. Bisognerebbe abbattere i muri dei pregiudizi e considerare la diversità come ricchezza; costruire un Paese con il contributo di ogni impronta dei suoi cittadini. Tal politica non vuol dire spalancare le porte del Paese agli ignoti o negare la nostra civiltà, ma offrire ai propri cittadini l’opportunità di poter rimboccarsi le maniche per affrontare le sfide del mercato moderno e divenire consapevoli di essere i veri protagonisti del futuro.”
Cheikh lavora in banca, lavora alle dipendenze della prima Banca italiana che si rivolge principalmente ai cittadini immigrati, Extrabanca. Ma è anche e soprattutto scrittore e poeta in lingua italiana e promotore di REDANI, la rete della diaspora africana che riunisce intellettuali, politici e attivisti africani impegnati a vario titolo in Italia.

Cheikh, cosa ti spinge a candidarti alle elezioni comunali?

Ad ogni cittadino incombe l’onere civile e morale di partecipare e contribuire allo sviluppo del territorio nel quale vive. Se le mie origini sono senegalesi, un pezzo di me è tutto italiano. Milano ha bisogno di suoi cittadini per un vero cambiamento sociale, culturale, economico e politico. Cambiare si può solo quando il cittadino ci crede. Poi un fatto importante: devo molto alla città di Milano e credo doveroso restituire alla città tutto ciò investito nella mia persona per renderla più meravigliosa, più aperta, più sicura, più vivibile e più accogliente. Se tutti lo pensassero così credo che saremmo più solidali. Personalmente una delle prime cose che mi hanno colpito di Cheikh è stato quando mi ha detto che come consigliere comunale non intende occuparsi solo di questioni legate alle migrazioni, dimostrando un apertura di interessi e una reale capacità di costruire, nella sua persona, quella mescolanza di cui tutti fanno teoria: Cheikh è senegalese e migrante, ma è anche italiano e politico.

Cosa pensi di fare per Milano più di quello che farebbero altri? perchè dovremmo votarti?

Non essendo politico vuol dire tutto. Credo essere più sensibile e più vicino e ai problemi della città. Sono un semplice cittadino e vedo l’assenza totale degli amministratori nella gestione delle cose pubbliche: il degrado della città, l’insicurezza, il fallimento delle politiche sulla sicurezza insomma un arretramento storico. Pisapia mi convince e quando verrà eletto dobbiamo impegnarci a sostenerlo per fare di Milano la città modello a tutti i livelli: la cultura, le politiche sociali, una Milano che si avvinerà di più ai suoi cittadini …

In questa campagna elettorale si presenta anche una lista promossa da Abdelhamid Shaari, direttore del Centro Islamico di viale Jenner, il Partito degli Immigrati: perchè tu scegli di lavorare con Pisapia, piuttosto?

Siamo in democrazia, ogni cittadino ha il diritto di candidarsi e di esprimere le sue idee. Shaari e la sua lista hanno fatto bene a presentarsi. Pisapia mi illumina di più, la lista è più laica e affronta molto di più i problemi della città e propone delle soluzioni più coerenti.

Ti definisci di più una persona realista o più un sognatore?

Il sognatore è anche realistico basta leggere tanti poeti e artisti che denunciano i politici. Nella vita bisogno sognare per vivere e occorre essere realistico per affrontare i problemi e risolverli.

Compreresti casa in via Padova?

Comprerei più di una se avessi i mezzi finanziari. I fatti disumani successi in quella zona non mi intimoriscono. Via Padova è uno esempio che possiamo dare: la giunta ha dimostrato un’incapacità a governare la città.

Questa domanda verrà conservata per quando sarai consigliere: voteresti una legge che toglie alcuni privilegi ai consiglieri locali o possibilmente ai parlamentari?

Ti rispondo volentieri, sono molto contrario ai super stipendi e privilegi.

Mi dici quali sono 3 tue priorità sulle quali intendi impegnarti in maniera particolare?

Occorre ripartire dall’efficienza dei servizi, dall’avvicinamento dell’amministrazione ai cittadini e dalla legalità.

Ognuna di queste risposte andrebbe approfondita e quello che traspare dalle parole e dallo sguardo di Cheikh Tidiane Gaye mentre ci concediamo un mafe al ristorante senegalese di via Tadino, è che approfondire, con lui, vale la pena: merita l’opportunità di sedere in consiglio comunale e farci vedere cosa sa fare. Sappiamo quanto vale come scrittore. Sappiamo quanto vale come attivista della diaspora. Sappiamo quanto vale come economista. Vediamo cosa sa fare come politico e dimostriamo, con il nostro voto, che quando una persona rappresenta un valido esempio personale di mixitè unito all’onestà intellettuale e alla concretezza sappiamo apprezzarlo.
Note
La scrittura è sempre stata la sua passione più o meno segreta, sbocciata in ambiente e lingua italiani con il libro Il giuramento (Liberodiscrivere editore, 2001), seguito da Méry principessa albina (2005), e Il canto del djali (2007), entrambi pubblicati dalle edizioni dell’Arco. Ha ottenuto significativi riconoscimenti letterari ed è presente sulla scena culturale italiana attraverso interventi, letture e performance poetiche che testimoniano una coerente partecipazione alla vita del su nuovo paese.
Nel 2003 partecipa al concorso "Genova città della poesia europea", dove viene premiato per l’opera A mio padre Mandela.
Nel marzo dello stesso anno viene invitato a Roma per presentare alcuni scritti durante la manifestazione culturale "Journées de la Francophonie", organizzata dalle ambasciate dei Paesi francofoni in Italia.
Viene premiato al concorso di poesia "Sulle orme di Ada Negri" a Lodi e riceve una menzione speciale al
IX Concorso Internazionale "Trieste Scritture di Frontiera", il Premio Letterario internazionale dedicato ad Umberto Saba.
Da sempre partecipa a diversi incontri sulle tematiche legate all’Africa, all’integrazione, all’intercultura e alla Letteratura della Migrazione.
Ode nascente (ediarco, 2009) è la sua quarta pubblicazione.
Cristina Sebastiani

venerdì 22 aprile 2011

GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA


Il Giorno della Terra, in inglese Earth Day, è il nome usato per indicare due diverse festività: una che si tiene annualmente ogni primavera nell’emisfero nord del pianeta, e un’altra in autunno nell’emisfero sud, dedicate entrambe all’ambiente e alla salvaguardia del pianeta Terra. Le Nazioni Unite celebrano questa festa ogni anno nell’equinozio di primavera, ma è un’osservanza ufficializzarla il 22 aprile di ciascun anno. La festività è riconosciuta da ben 192 nazioni e viene celebrata da quasi mezzo miliardo di persone.[1] L'Earth Day fu celebrato a livello internazionale per la prima volta il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Nato come movimento universitario, nel tempo, l’Earth Day è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili.
Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.
                   MANIFESTAZIONI IN TUTTO IL MONDO
Tutti, a prescindere dall’etnia, dal sesso, da quanto guadagnino o in che parte del mondo vivano, hanno il diritto morale a un ambiente sano, equilibrato e sostenibile. L’Earth Day, il giorno della Terra, da quarant’anni si basa saldamente su questo principio. Il 22 aprile del 1970, 20 milioni di cittadini americani, rispondendo a un appello del senatore democratico Gaylord Nelson, si mobilitarono in una storica manifestazione a difesa del nostro pianeta. Oggi, su questo principio quanto mai d’attualità ci si mobiliterà ancora, in 175 paesi del mondo. L’Earth Day 2009 ha segnato l’inizio di una grande campagna di sensibilizzazione denominata dagli organizzatori “Green Generation Campaign” i cui punti principali sono la ricerca di un futuro basato sulle energie rinnovabili, che ponga fine alla nostra comune dipendenza dai combustibili fossili, incluso il carbone. Un impegno personale a un consumo responsabile e sostenibile. La creazione di una “economia verde” che tolga la gente dalla povertà con la creazione di milioni di “posti di lavoro verdi” e trasformi anche il sistema educativo globale in un sistema educativo “verde”.Il 22 aprile 2009, Giorno della Terra, è l’occasione per migliaia di eventi organizzati in scuole, comunità, villaggi e città in tutto il mondo. In Italia, per il terzo anno consecutivo, a promuovere la manifestazione sarà Nat Geo Music, il canale musicale di National Geographic. A Roma, in serata, ci fu un grande concerto a Piazza del Popolo, con Ben Harper e altri artisti internazionali e italiani. Nelle sale cinematografiche anteprima del film Earth - La nostra Terra prodotto da DisneyNature, un inno alla Terra e alla sua bellezza. Il 22 aprile 2010 Google ha dedicato il suo logo all’evento. Il 22 aprile 2010 a Roma si tiene un concerto al Circo Massimo a cui prenderanno parte Pino Daniele e i Morcheeba. Sarà trasmesso da Nat Geo Channel (canale 710 sky)Dopo la campagna del 2010 per il 40° anniversario della Giornata Mondiale della Terra l’edizione del 2011 sarà organizzata attorno alle “Billion Acts of Green” (Miliardo di azioni verdi). Le “Billion Acts of Green” sono impegni di singoli cittadini, associazioni, aziende, Enti e Governi che puntano a migliorare la vita in maniera sostenibile. L’obiettivo è di far registrare un miliardo di azioni prima del Summit della Terra che si terrà dal 14 al 16 maggio 2012 a Rio de Janeiro in Brasile per sensibilizzare i Governi che parteciperanno a questo fondamentale appuntamento. In Italia è stata avviata una campagna similare chiamata “Azioni del Buon Senso“. Chiunque può registrare la propria azione direttamente dal sito della Giornata Mondiale della Terra prendendo un impegno concreto che permetta di migliorare l’ambiente. Tutte le azioni registrate saranno inviate all’EDN e contribuiranno ad incrementare le “Billion Acts of Green”.
Cos’è la Giornata Mondiale della Terra e l’Earth Day 2011
La Giornata mondiale della Terra, l’Earth Day, fu celebrata a livello internazionale per la prima volta il 22 aprile 1970 per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali del Pianeta. Le Nazioni Unite celebrano ogni anno questa festa il 22 aprile. La festività è riconosciuta da ben 190 nazioni e viene celebrata da quasi mezzo miliardo di persone. Nato come movimento universitario, nel tempo, l'Earth Day è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano quale occasione per valutare le problematiche del pianeta: l'inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili. Da oltre quarant’anni l’Earth Day Network (EDN) organizza e sostiene la sua vasta rete internazionale di iniziative e campagne volte a festeggiare la Giornata Mondiale della Terra. Oltre 42 milioni sono le azioni sino ad oggi registrate sul sito ufficiale dell’ EDN per questa che è la più grande campagna di servizio ambientale nel mondo.
Giornata Mondiale della Terra – internet action
In Italia il nostro gruppo ha avviato una campagna similare a quella proposta dall’EDN chiamata “Azioni del Buon Senso“. Chiunque può registrare la propria azione direttamente dal sito della Giornata Mondiale della Terra prendendo un impegno concreto che permetta di migliorare l’ambiente. Tutte le azioni registrate saranno inviate all’EDN e contribuiranno ad incrementare le “Billion Acts of Green”.
                         AZIONI DI BUON SENSO
Cosa sono le Azioni del Buon Senso?
Sono quell’insieme di azioni che ognuno di noi può compiere quotidianamente per dimostrare il proprio amore per la natura e per il Pianeta che lo ospita. La campagna di raccolta delle Azioni del Buon Senso parte il 22 gennaio 2011 e si concluderà a maggio 2012. Appuntamento fondamentale sarà il 22 aprile 2011, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, momento in cui si farà un primo punto sulle “Billion Acts of Green” e sulle “Azioni del Buon Senso”. Oltre alla campagna “Azioni del Buon Senso” continua l’attività legata alla “Giornata Mondiale della Terra – internet action” ovvero:
• raccogliere tutte le iniziative che si svolgono sul territorio nazionale riguardante la Giornata Mondiale della
Terra e pubblicizzarle sul sito, che diventa unico contenitore
• sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali
• stimolare la realizzazione di iniziative in sintonia con la giornata.
Tutte le informazioni saranno pubblicate sul sito www.giornatamondialedellaterra.it.
Come si aderisce alla Giornata Mondiale della Terra – internet action
Si può aderire all’iniziativa iscrivendoti al gruppo su facebook oppure direttamente dal sito utilizzando l’apposito modulo.
Una volta aderito vengono chiesti due piccoli impegni:
• comunicare la tua Azione del Buon Senso utilizzando direttamente dal sito internet e successivamente attuare l’azione comunicata
• chi ha un sito/blog dovrà scrivere un post che parli della sua Azione del Buon Senso. Se non si possiede un sito/blog si puoi fare la stessa cosa scrivendo sul proprio profilo di facebook.

(Alunna di 10 anni della scuola G.Mameli -Torre a Mare-Bari)

sabato 9 aprile 2011

Non possiamo e non dobbiamo adeguarci

Come abbiamo più volte detto stiamo andando verso la democrazia totale. Una forma di assolutismo, e totalitarismo, che si eserciterà in maniera completamente differente da come l'abbiamo finora conosciuta.
Sicuramente tutte le forme di egemonia hanno delle crepe, solamente saranno espunte dalla rappresentazione del reale e quindi sarà come se non fossero mai esistite. Una forma di silenziamento che, qualora ve ne fosse bisogno, avrà anche modalità crude e sbrigative.
Anche ora la dominanza ideologica perversa nel perverso gioco della sinistra contro la destra, nonostante personaggi dati per acquisiti in uno schieramento li si ritrovi improvvisamente nell'altro.
Pisapia contro la Moratti eccita la mente fragile di chi si ritiene antagonista, di sinistra o perfino comunista. Menti addomesticate o semplici opportunismi che fanno il gioco del sistema. Fasce sociali che sono rimaste estranee al progetto di unificazione ideologica vi sono, ma sono appunto marginali per via della rappresentazione del reale che il dominio esercita.
E' chiaro che questa cappa ideologica inquina l'idea stessa di percezione del reale e si rende invisibile anche agli occhi più esercitati nel vedere nell'oscurità.
Tutte le tensioni, le disaffezioni, la rabbia crescente e la voglia di cambiamento si scontrano con questa rappresentazione della realtà che è cosa ben diversa dalla realtà. La vita reale non passa attraverso i le manifestazioni d'impotenza o nei sit-in organizzati per incanalare la protesta ad uso e consumo della rappresentazione. Non corrispondono alle esigenze reali le risposte che vengono fornite dagli esigenti democratici, dai pacifinti o da coloro che si dicono comunisti. Non sono i sindacati nel loro complesso a fornire la risposta reale alle esigenze di garanzia del lavoro o alla possibilità di collocazione lavorativa nella società come viene prospettata dalla rappresentazione.
La rappresentazione non sta alla realtà quotidiana, ma per trovare una risposta politica bisogna per forza di cose sottostare alla rappresentazione. Nella realtà non vi è politica, perché tutti i politici sono funzionari della rappresentazione.
Allora la domanda che dobbiamo porci è come fare per riportare la politica nella realtà e distruggere una volta per tutte la rappresentazione.
Sicuramente il perdurare di questa situazione produrrà conflitti sociali che in qualche modo inclineranno la rappresentazione, ma a beneficiarne saranno le destre populiste
Per chi voglia in qualche modo tentare questo sforzo immane non deve avere paura dell'isolamento dal reale, ma cercare nella critica e nel rifiuto le condizioni necessarie alla refrattarietà ad adeguarsi.
In tutti i momenti storici vi sono finalità consapevolmente perseguite, che si raggiungono anche in modi inaspettati dagli stessi soggetti agenti. Per affrontare questo percorso ad imbuto che inevitabilmente, per come stanno i rapporti i di forza, finirà per stritolarci, dobbiamo leggere gli avvenimenti al di fuori della rappresentazione. Ma non basta. Bisogna in qualche modo, attraverso la ricostruzione storica, fornire una nuova interpretazione che dovrà essere esercitata fedelmente nella prassi quotidiana che è un giusto rapporto tra le azioni e le intenzionalità ad esse sottese.
Vi saranno livelli di consapevolezza, di coerenza e di responsabilità in tutti i soggetti coinvolti.
Stare nella rappresentazione esercitando un potere reale è una contraddizione necessaria ma non sufficiente.
Confutare il paradigma democratico, la difesa della costituzione o l'elogio della giustizia attraverso un discorso che non porti acqua al mulino della reazione, ma specificando che la democrazia è una semplificazione senza senso se non si sostanzia con chi detiene i mezzi produttivi, ovvero se non si eliminano le cause di dipendenza e sottomissione; che la difesa della costituzione è una presa in giro visto che non è mai stata attuata; che la giustizia è un semplice riflesso dei rapporti tra dominanti e dominati; tutto questo significa già di per sé votarsi alla marginalità. Marginalità necessaria ma non sufficiente.
Roberto Scorzoni

sabato 2 aprile 2011

Se io fossi tunisino

        ADRIANO SOFRI da La Repubblica del 2 aprile 2011
Mettiamo che io sia un tunisino di vent´anni su uno spiazzo di Lampedusa. Aspetto di essere imbarcato ma sotto il maestrale il mare urla e biancheggia. La polizia ci ha tolto, uno per uno, le cinture dei calzoni e i lacci delle scarpe. (Dove le metteranno? Ce le restituiranno?) Perché ce le tolgono? Come potremmo minacciarli con i lacci da scarpa? Forse vogliono impedirci di impiccarci. Ma allora sta per succedere qualcosa di così terribile che vorremo suicidarci? In ogni caso, è davvero umiliante essere spogliati dei lacci e restare coi pantaloni in mano.

Mettiamo che io sia un poliziotto di vent´anni e stia ritirando lacci e cinture a questi tunisini, ragazzi per lo più, che continuano a dire “Italia Italia” e “Libertà libertà”. Mi hanno mandato qua – avrei voluto venirci in vacanza – e da 48 ore stiamo occupandoci, senza dormire e mangiando male, di questi disgraziati che non mangiano e non dormono. Pare che, una volta salpati, li porteremo indietro a loro insaputa in Tunisia. Sarà per questo che gli leviamo cinture e lacci, perché non si impicchino per disperazione. Ma se si immagina che possano farlo, che cos´altro si deve aspettarsi che facciano?

Mettiamo che io sia un abitante di Lampedusa, non so, un pescatore. Non ho niente, davvero, contro questi spiaggiati. Le loro facce mi sono familiari, con tanti di loro ho parlato. So quanti se ne perdono in questo mare di annegati. So che vengono a cercare l´Italia, l´Europa, e l´Europa e l´Italia li fermano qui, a Lampedusa, e la mia isola diventa una zattera alla deriva che affonda sotto il peso dei suoi naufraghi, e nessuno vuole soccorrerla.

Mettiamo che io sia io. Mi è facile (all´inizio, almeno) mettermi nei panni di un ragazzo tunisino o di un poliziotto in trasferta a Lampedusa. Nei panni miei, mi chiedo costernato come siamo arrivati a questo punto. Dopotutto, sono sì e no due mesi. Si è gridato all´invasione, all´Europa indifferente, e si è lasciato che l´alta marea di persone sommergesse Lampedusa, giorno dietro giorno, fino a devastarne la vita quotidiana, e abbandonando all´indecenza i nuovi arrivati. Dapprincipio mi sono detto, ci siamo detti in tanti, che era la scelta deliberata e allegra di un governo alle prese con un mare di guai: era così infatti, e poi la Libia e il Giappone sarebbero arrivati di rincalzo a far da palo a un governo che intanto borseggiava il processo breve e qualche altra porcheria d´interesse privato. Fino al giorno in cui il gioco si è svelato teatralmente sulla doppia scena della visita del capo del governo a Lampedusa, un´esibizione con pochi eguali nella storia del caudillismo contemporaneo, e del parlamento, un parlamento senza eguali nella democrazia contemporanea. Ma intanto si capiva che il cinismo grossolano di quel calcolo si andava ritorcendo giorno dietro giorno contro i suoi autori, e che prendeva il sopravvento la loro insipienza. Hanno detto di tutto – che li pagheremo perché tornino indietro, che gli faremo un campo di tende perché restino nell´isola, che li manderemo a casa della Merkel, che li riporteremo manu militari al loro paese, nolenti loro e il loro governo e le loro acque territoriali: e fatto niente. Il maestrale ha regalato una dilazione di forza maggiore. Ma le scadenze sempre più solenni e ultimative del capo e dei suoi uomini – 24 ore, 48, 60, e tutto sarà risolto! – suonavano vecchie, e mostravano la sostanza. C´è una moltitudine di rifiuti da smaltire, come a Napoli, come all´Aquila. Monnezza a Napoli, terremotati all´Aquila, rifiuti extracomunitari a Lampedusa: e la stessa soluzione, spazzarli qua e là, alla rinfusa, con le cattive o con le buone – le buone, una villa trattata su e-bay, un nobel o un casinò a Chiaiano o Lampedusa o Manduria. Quanto alle cattive, basta un tipo addolcito dalla malattia che biascica “Fuori dalle palle!”, e l´intendenza seguirà. Così la vergogna travolge gli argini, sommerge prima i piani alti, poi i mediani, infine anche i piani bassi e gli scantinati.

In questa combinazione di trivialità, incapacità e inumanità non è facile dire che cosa bisognerebbe fare. È più facile farlo. O almeno, qualcuno lo fa. Ieri monsignor Crociata ha comunicato per conto della Cei che «come Chiesa italiana attraverso le diocesi e le strutture della Caritas, abbiamo individuato 2.500 posti disponibili per accogliere altrettanti immigrati in 93 diocesi italiane». Il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha sventato l´ukaz ministeriale che concentrava e recintava nella palude di Coltano (Pisa) centinaia di migranti così da avventarli contro la gente del posto e, capolavoro, i residenti rom, offrendo di ospitare lo stesso numero di persone in strutture di località diverse e in gruppi di poche decine, e «senza filo spinato». Immagino che iniziative così ce ne siano tante e ignorate, a compensare gli smaglianti rifiuti di autorità varie di ogni latitudine – e specialmente delle più alte. Andrebbero censite e messe a frutto, tanto più di fronte alla disfatta di un modo di governo che si nutre propagandisticamente dell´emergenza e nell´emergenza vera soccombe.

Mettiamo dunque che io sia io, nei miei panni, e ciascuno di noi si metta nei suoi panni personali. La cosa ci riguarda? O pretendiamo che la nostra condizione di individui ci esoneri (e ci impoverisca) di una parte di responsabilità? Ci sono tutti questi esseri umani che si mettono in viaggio avventurosamente e dolorosamente in cerca di una vita migliore, che somigli un poco di più alla nostra. Vedete, ogni discorso sull´immigrazione, sui profughi e sui viaggiatori (i “clandestini”!) che non rinunci del tutto alla nostalgia per una fraternità umana, viene tacciato subito di buonismo, cioè di una bontà di maniera. E messo a tacere dalla frase definitiva: “Prenditeli a casa tua!” La frase è cattivista, ma ha una sua utilità, e non è affatto imbattibile. Non solo perché ci sono molte persone che se li prendono, “a casa propria”. Ma mi interessa che cosa fanno gli altri, che cosa facciamo noi altri. Avere una casa propria, e “una stanza tutta per sé”, è ancora un gran privilegio sul nostro pianeta, ma è anche una condizione preziosa di libertà e di civiltà. I privilegi, anche quelli che non implicano una soperchieria diretta sulla povertà altrui, sono a rischio. I nostri pezzi grossi si riempiono la bocca di parole tolte al loro contesto reale. Berlusconi ieri, Dio lo perdoni e non lo sentano a Sendai, ammoniva sullo «tsunami umano» che ci sta travolgendo; e in Tunisia sono entrati 200 mila profughi dalla Libia. Così è per la parola “invasione”: «È una vera e propria invasione!». No, naturalmente. Non è un´invasione vera e propria. Ma le invasioni succedono davvero, sono successe al tramonto di altri imperi, e quando succedono, abbiano una ragione o no (se la fanno, una ragione), entrano senza bussare. Finché dura, assottigliandosi, l´età del nostro privilegio, piuttosto che gridare “Fuori dalle palle!”, conviene versare il nostro modesto contributo supplementare per l´usufrutto del metro quadrato che ci è toccato in sorte. Se non siamo tipi da spartire il mantello col povero che trema, e anzi per tenercelo, il mantello, regalargli un cappotto in saldo, prima che gli venga un´altra idea. Spendere qualche energia e qualche soldo in aiuti, prima di rovinarsi in guardie giurate. Ho detto che conviene: se poi ci riuscisse di farlo con una specie di gioia, sarebbe fantastico.