venerdì 25 febbraio 2011

Aiuto umanitario

Mosé Zerai

In queste ore che tutti salvano i propri connazionali con un ponte aereo e via mare con le navi, i "figli di nessuno" rischiano di fare la brutta fine, in un contesto di caccia all'Africano del Sub Sahara, identificato come mercenario dai manifestanti, additati dal regime come agitatori. Famiglie che vivono segregati in casa dalla paura, raccontano in certi quartieri di Tripoli non possono uscire anche per fare la spesa perche rischiano di essere aggrediti e linciati in piazza.

Sono all'opera anche tutti depredatori che scheggiano la città tra le vittime preferite sono proprio i profughi. In questi giorni si sono verificati diversi casi di aggressione fisica, rapine a danno dei profughi, sequestri di persona. La città più insicura per chiunque Tripoli in queste ora, ma più insicuri sono i profughi Africano che sono letteralmente perseguitati.

Centinaia di richiedenti asilo politico che erano tenuti nelle carceri libiche, con l'aggravare della crisi sono stati costretti dai loro carcerieri di imbracciare le armi per colpire la piazza chi si è rifiutato veniva ucciso, questa situazione ha messo in cattiva luce i profughi davanti alla popolazione che manifestava. Da questo nasce la caccia dell'Africano mercenario, bisogna ricordare che esistono Libici Tuareg che sono simili all'Africa Nera, quindi non sono mercenari provenienti dal di fuori del paese. Sappiamo che ci sono delle tribù nomade in Libia che sono Africani non di origine araba come la maggioranza dei Libici.

Chiediamo all'Europa di salvare i profughi Africani distribuendoli nei stati membri, un atto umanitario va fatto non chiudersi nella posizione egoistica di questi giorni, ogni paese europeo sta tentando di allontanare il problema da se.

So che l'Italia sta facendo uno sforzo per ottenere dall'Europa una solidarietà nell'accoglienza dei profughi, noi chiediamo si faccia una evacuazione umanitaria europea condivisa da tu gli stati membri. Non ce tempo da perdere più il tempo passa la situazione sta precipitando, i profughi segregati in casa non possono resistere a lungo.

Chiediamo un atto umanitario urgente !!!

martedì 22 febbraio 2011

«Ci stanno uccidendo con machete e coltelli»

«Ci stanno uccidendo con coltelli e machete»: questo l’sms ricevuto ieri da Don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia. Una richiesta d’aiuto disperata che svela un retroscena delle rivolte in Libia: la sorte di tutti quei profughi somali, eritrei, etiopi e in generale africani presenti sul territorio libico, molti dei quali respinti a suo tempo dall’Italia grazie al Trattato di Amicizia stipulato tra il premier Silvio Berlusconi e il colonnello Gheddafi.
Zerai, che da mesi segue le vicende dei profughi in fuga dal Corno d’Africa, sottolinea la drammatica situazione in cui queste persone, bloccate in Libia, si sono venute a trovare all’indomani dell’esplosione delle rivolte. Gheddafi infatti pare aver arruolato negli ultimi giorni mercenari dal Ciad e dall’Uganda per reprimere le ribellioni di piazza che intendono dare la ‘spallata decisiva’ al regime: decisione che avrebbe portato i manifestanti libici, nel clima di violenza collettiva in atto in queste ore, a temere qualunque persona di colore scambiandola per un mercenario al soldo del regime. «Queste persone – dice Zerai – continuano a chiedere aiuto». Secondo quanto comunicato dai profughi che sono in contatto con lui, infatti, i libici in rivolta vanno a cercarli nelle case e negli appartamenti e li attaccano con machete e coltelli perché, in quanto africani, li considerano soldati prezzolati da Gheddafi e quindi nemici pericolosi.
Altri invece si trovano ancora nelle carceri di varie città libiche come Misurata che in queste ultime ore sono state bombardate per reprimere il dissenso: nessuna possibilità di fuga o di liberazione per queste persone, sebbene la loro colpa sia difficilmente identificabile poiché sono state incarcerate a seguito dei respingimenti italiani che hanno fatto di loro dei clandestini sul territorio libico anziché degli aventi diritto all’asilo politico in Italia in quanto rifugiati.
«L’Italia – afferma Zerai – potrebbe offrire loro spazi nel piano di evacuazione già in atto. Chiediamo che venga valutata la possibilità di salvare la vita di queste persone, magari anche dando loro un rifugio provvisorio nell’Ambasciata Italiana».

www.dirittodicritica.com

lunedì 14 febbraio 2011

IMMIGRATI: E' SCONTRO TRA MARONI E L'UE

E' scontro tra l'Italia e l'Unione europea sulla gestione dei flussi di immigrati provenienti dalla Tunisia sbarcati negli ultimi giorni a Lampedusa. Secondo il commissario agli Affari interni dell'Unione Europea, Cecilia Malmstrom, l'Italia avrebbe rifiutato gli aiuti offeti dalla Ue, respingendo cosi' seccamente le accuse mosse proprio dalle autorita' italiane sulla latitanza di Bruxelles nel fronteggiare l'emergenza immigrati. ''Sono molto sorpresa'', ha dichiarato la Malmstrom, sottolineando come proprio dall'Ue sia giunta una risposta tempestiva e non ''lenta e burocratica''. ''Da sabato sono stata formalmente in contatto con le autorita' italiane, a cui ho chiesto in che modo la Commissione poteva dare il proprio aiuto. La loro risposta e' stata 'no grazie, in questo momento non ne abbiamo bisogno''', ha spiegato in una nota. ''La Commissione europea - ha precisato il portavoce del commissario Michele Cercone - e' pronta ad aiutare l'Italia nelle misure in cui le compete se le autorita' lo richiedessero''. Maroni aveva chiesto la collaborazione delle istituzioni europee per fronteggiare l'emergenza umanitaria degli immigrati provenienti dai Paesi del Maghreb, in particolare dalla Tunisia, lamentando l'assenza delle istituzioni europee. E a stretto giro di posta e' arrivata la controreplica del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che ha smentito le dichiarazione del commissario Cecilia Malmstrom. '''Non e' vero che l'Italia ha rifiutato l'aiuto della Commissione europea nell'affrontare gli sbarchi provenienti dalla Tunisia'', ha dichiarato Isabella Votino, portavoce di Maroni. ''Maroni e Malmstrom hanno parlato sabato'', ha spiegato il portavoce sottolineando che il ministro ha avanzato diverse richieste all'Ue: l'intervento di Frontex per il controllo del Mediterraneo; la gestione dei centri per gli immigrati e il rimpatrio dei clandestini secondo il principio della condivisione degli oneri proprio perche' tutti i Paesi dell'Ue hanno degli impegni da mantenere sui rifugiati e i clandestini. ''Per quanto riguarda queste richieste, non abbiamo ricevuto alcuna risposta al momento'', ha aggiunto.

''Comunque non abbiamo bisogno di fare della polemica con il commissario Malstrom, per la quale Maroni ha avuto parole di lode'', ha concluso. Il ministro dell'Interno ha poi precisato i termini dell'offerta italiana di inviare in Tunisia agenti di polizia per combattere l'immigrazione clandestina, una proposta che aveva provocato la reazione polemica del governo di Tunisi.

''L'intenzione del governo italiano e' di offrire un aiuto alla polizia tunisina inviando le nostre forze per controllare le coste, la sola maniera di impedire le partenze di immigrati clandestini'', ha detto Maroni. ''Oggi in Tunisia non c'e' piu' un sistema di sicurezza e noi siamo disposti a offrire risorse, mezzi e navi vedetta''. Ieri il ministro italiano aveva annunciato l'intenzione di chiedere al ministro degli Interni tunisino l'autorizzazione a dispiegare agenti italiani sul posto. Il portavoce del governo a Tunisi aveva definito ''inaccettabile'' la proposta, accusando il ministro leghista di essere un rappresentante ''dell'estrema destra razzista''. Oggi, il ministero degli Esteri ha detto che la Tunisia ''e' pronta a cooperare con i governi internazionali'' per arginare il flusso di clandestini diretto in Europa, ma ''non tollera interferenze nei suoi affari interni''

A LAMPEDUSA ARRIVATI IN 4 MILA, ULTIMO SBARCO IERI SERA

E' tornata l'emergenza ''sbarchi'' a Lampedusa con oltre 4 mila immigrati arrivati dall'8 febbraio. ''L'ultimo sbarco - ha spiegato all'ASCA il comandante della capitaneria di porto di Lampedusa, Antonio Morana - lo abbiamo avuto ieri sera alle 20.30, circa 83 persone''. Intanto per circa 2 mila immigrati sbarcati sull'isola e' passata la prima notte nel Centro d'accoglienza. Resta il mistero sul barcone che sarebbe stato speronato da una motovedetta tunisina al largo di Gabes causando circa 29 morti: ''Non abbiamo conferma ufficiale da fonti italiane'', spiega infatti Morana. Questa mattina all'alba, a Pantelleria, i carabinieri hanno intercettato cinque immigrati sbarcati sull'isola. Ma ''si tratta di sbarchi con numeri praticamente nulli rispetto a Lampedusa''. Intanto, dalla piccola isola, e' partito un traghetto della Siremar diretto in Sicilia con 125 tunisi a bordo, sbarcati nei giorni scorsi, e ''sull'isola ne sono rimasti circa 2.300, in parte ospitati nel Centro di accoglienza'', ha detto all'ASCA Morana. ''L'ultimo sbarco lo abbiamo avuto ieri sera alle 20.30, circa 83 persone, oggi c'e' un po' di mare e speriamo che questo li scoraggi''. In merito invece alle altre due imbarcazioni avvistate ieri pomeriggio a 87 miglia e a 37 miglia dall'isola di Lampedusa, ''non ci sono novita'. Non abbiamo conferme, ne' segnalazioni e presumiamo che sia tornati verso la Tunisia. Intanto continuano i pattugliamenti aerei e quelli delle unita' navali in mare''.



Agenzia di stampa Asca

domenica 6 febbraio 2011

LA SPERANZA CHE VIENE DALL'EGITTO

In termini di filosofia politica, nei moti tunisini e egiziani si può intravedere il sorgere di una forma nuova di associazione cittadina che anela a istituzionalizzarsi in modo autonomo secondo il modello generico delle democrazie laiche. Questi processi faticheranno certamente a concludersi: in verità è vera democrazia il mai finito. Le convulsioni della nazione più potente – scardinando necessariamente il sistema di potere religioso islamico, che reagirebbe alla minima scalfittura – potrebbe durare a lungo, e costare botte, furori, sangue.
Noi non sappiamo far altro che deplorare sempre, ogni momento, ipocritamente, la violenza. Eppure la Convenzione, in Francia, svaginò la democrazia tagliando indegnamente teste; De Gaulle la salvò tra le bombe; la creazione di una autentica democrazia nella Spagna schiacciata dalla Chiesa cominciò entre riòs de sangre nel 1936 e durò quarant'anni; l'incompiuto risorgimento italiano ebbe bisogno di un tempo analogo, interamente costellato di violenze. Quel che oggi complica tutto è una verità tra le più allarmanti, questa: (Heidegger, Lettera sull'umanesimo; e la data è significativa: 1946). Nessuna democrazia moderna ( e neppure quella ateniese) è nata senza il terreno solido di una patria, surrogato della religione perdente, in fuga dalla tolleranza.
Dovunque, globalizzazione e consumi sono perdita di patria, diaspora d'esilio; il loro esito, e lo vediamo, se vogliamo vederlo, è disperazione economica, guerra mercantile tra entità statali prive di nome. Un trapianto d'industrie è la celebre fuga a Samarcanda del vizir che incontra la Morte nel suk di Baghdad: non sfuggirà alla fatalità.
Una crisi come quella che si è aperta al Cairo non può essere fermata con la semplice cacciata dal potere dell'uomo che si illudeva di fondare una dinastia di regime, sia pure stato a lungo quel che chiamiamo un , per il pavido Occidente.
Se in Italia c'è chi pensa che togliendo di mezzo Berlusconi si fa il bucato a una democrazia in condizioni di agonia ( sebbene affondata nella globalità più sbandante) come questa in cui perdiamo tutti il rispetto di noi stessi – dire che è di vista corta è misericordia. Gli anni di Berlusconi hanno il merito di aver fatto emergere dalla babele delle parole l'immangiabile verità di una forma democratica in sfacelo, come la casa degli Usher di Poe. Andate a leggervi quel racconto e vedrete qualcosa di simile alla democrazia italiana di questi Tristi Duemila.
Se da noi l'illegalità-chiave sono i partiti occupatori, ridotti a fazioni ruffiane di potere – come anomalmente predicano Pannella e i radicali – la nazione ha il dovere di non più tollerarli. Se le illegalità sono milioni, una sola grossissima può purgarle tutte, come un immane clistere: una rivolta popolare che sommerga letteralmente sedi e palazzi governativi e parlamentari, una marcia su Roma non di lugubri teschi ma di tricolori-multicolori persuasi del vento che li spinge, di cittadini vedovati di identità patria, un risveglio del Colosso di Goya fatto di uno, due, tre, quattro milioni di teste – la resurrezione di Bruto!
Intorno al 1880, il marchese Cesare Alfieri di Sostegno raccomandava: < Chiudete quelle fogne amministrative di Palermo e di Napoli!>: benissimo, ottimo consiglio – via le fogne, via le infezioni mafiose, la restituzione all'aria della sua respirabilità. A cosa può servire fare un processo dopo l'altro (in verità: a minacciarlo, coitus reservatus) contro persone singole, quando una intera classe dirigente è imputabile di fellonia, di tradimento, di sbranamento dell'unità patria?
A Ercole occorrerebbero milioni di braccia per ripulire le stalle d'Augìa di questa famosa Penisola!
E dopo il purgone bisognerebbe rifare tutto senza un solo batterio di quel che è stato, eleggere una Costituente repubblicana di facce nuove, senza più destra-sinistra, vuote occhiaie – una Costituente presidenziale capace di stanare un uomo giovane, incontaminato, un Kemal Ataturk libertario, figlio di qualche sobborgo disperato, e di farne un Primo Console. L'ossessione dell'economia globale, dell'investimento a oltranza, con le sue triviali predicazioni sulla crescita del prodotto e del suo forsennato consumo, spinge a capofitto nel baratro, fa crescere essenzialmente la sete di denaro, perchè il Pensiero Unico è padre di crimine, alimenta cronaca criminale...Ma finalmente ridiamo un po' di ossigeno a questo linguaggio asfissiato!
Fino a un coma tragico me l'hanno addormentata, questa parassitosa nazione di divisioni perpetue, che ha avuto dei Machiavelli ammutoliti, ma non un De Gaulle capace di dirci che ci ha capiti.
Non si vede, dappertutto stendiamo lo sguardo, che passività incurabile, torpore, inebetimento... (Così) bene lo previde, nel suo romanzo postumo, Guido Piovene).
La piazza egiziana ha acceso un barlume di speranza: il suo messaggio ancora sigillato viaggerà lontano. Un Egitto che immagina qualcos'altro, per sé e per tutti, è una pietra preziosa che irradia una luce insolita di fresca aurora.

di Guido Ceronetti